Edward Lear tra Motta San Giovanni e la Bovesia



Un viaggio fortemente voluto, assiduamente desiderato, finalizzato alla scoperta autentica dei luoghi che si reca a visitare: questa la sintesi del viaggio intrapreso da Edward Lear nel 1847. Egli afferma semplicemente che “non si può conoscere la provincia di Reggio Calabria semplicemente spostandosi in carrozza fra Napoli e Reggio”; vuole percorrere le mulattiere, godere della vista mozzafiato dei panorami, transitare quei sentieri già noti ai Greci di Reggio e Locri, affidandosi a delle guide locali. (...)

“Nessun'altra provincia del Regno di Napoli offre tale interesse promettente o ispira tanto prima di avervi messo piede. "Calabria!", appena il nome è pronunziato, un mondo nuovo si presenta alla nostra mente, torrenti, fortezze, tutta la prodigalità dello scenario di montagna, cave, briganti e cappelli a punta, la signora Radcliffe e Salvator Rosa, costumi e caratteri, orrori e magnificenze senza fine!”(...)

“La gente di questi paesi è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca.” (...)

Lear è mosso dallo spirito inquieto di chi desidera ardentemente scoprire quelle voci e quelle visioni che popolano, come scriveva un altro grande letterato, Giovanni Pascoli, questa zona, per millenni crocevia fra Oriente e Occidente nel cuore del Mediterraneo e oggi, purtroppo, periferica, non soltanto per motivazioni geografiche o economiche.
Non ci vuole molto per rendersi conto che oggigiorno i Reggini dovrebbero recuperare un po' di quello spirito inquieto e conoscitivo nei confronti delle proprie radici, lo stesso spirito inquieto e conoscitivo che ha animato il percorso a piedi di Edward Lear. Ecco a cosa mirano pubblicazioni metodiche e meritevoli come il presente volume di Rita Mazzitelli e Saverio Verduci: a ridestare l'anima dei posteri.
Perché il Risorgimento culturale di questa terra dovrà passare necessariamente dalla riscoperta e dalla valorizzazione della sua identità. Senza tale condizione imprescindibile, il futuro non sarà mai roseo.

                                 DALLA  PREFAZIONE DI NATALE ZAPPALÀ